Leopardi e quella lettera al marchese Melchiorri

(articolo di Maurizio Verdenelli) – Leopard e/o Leopardi Giacomo. La guerra senza fine sulle pianure ucraine e/o L’Infinito dal poetico Terrazzo recanatese? L’anno nuovo e/o l’anno che se n’è andato (cfr Lo Zibaldone).

Il dualismo non è facile da interpretare anche se la cronaca di queste ore torna a farci ricordare insieme con il fragore delle armi di due Territori che alla Cultura europea hanno dato così tanto, anche il nome di quello che noi italiani riteniamo il Poeta più grande: Giacomo Leopardi da Recanati, il Giovane Favoloso nella popolare ‘traduzione’ cinematografica del talentuoso regista partenopeo Mario Martone.

Proprio a Napoli, nei primi anni ’80,  una missione del comune recanatese guidata dal sindaco Rolando Garbuglia (deceduto 5 anni fa) nel corso di un’asta tiratissima riuscì a strappare ad una concorrenza privata ed agguerittissima il più veritiero fra i ritratti di Leopardi. Quello di cui fu autore l’importante pittore Domenico Morelli cui Antonio (‘Titonno’ lo chiamava affettuosamente Giacomo) Ranieri affidò il compito di ritrarre l’amico. “Altro che gobbetto, piegato in due: Giacomo, occhi azzurri come quelli della bellissima madre Adelaide Antici Mattei, faceva la sua bella figura” scrisse l’insigne leopardista, in proposito, un po’ amareggiandosi con Martone.

Il dipinto in questione di Domenico Morelli

Ma perchè la stampa, che peraltro mai lo dimentica, è tornata a scrivere di Giacomo? Un Leopardi 2 (attento proto al finale del nome) quasi un pendant di Leopard 2? Perchè saggiamente lo Stato ha sottratto, facendo valere il diritto di prelazione, una lettera che il poeta il 29 agosto 1823 indirizzò al cugino, il marchese Giuseppe Melchiorri di Roma, tentando di ricucire un’antica lotta, la loro evidentemente. Non sappiamo se i due parenti abbiano fatto poi pace.

Noi lo vorremmo però tanto che lo facciano le due ex repubbliche sovietiche – fino a 30 anni fa. Perchè se è vero che Leopard 2 e via elencando (leggi: nuove e più potenti armi) potrebbero indurre secondo un detto romano celebre – si vis pacem para bellum – è anche vero che quel ‘parabellum’ di quel latinorum pacifista si è trasferita dal vocabolario nella sempre prospera industria bellica di questo mondo a 90′ dall’Apocalisse.

POST SCRIPTUM. La lettera al marchese Melchiorri? Non è finita ovviamente in un arsenale ma alla Biblioteca nazionale di Napoli che custodisce il 90% della corrispondenza del più grande poeta di questo Continente senza pace.

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