(articolo di Maurizio Verdenelli) – Eravamo quattro amici al ‘Green’. Macchè! Eravamo centinaia e forse più in quel primo venerdì di dicembre: la sera del ‘Gran Gala’ Martini nella superdiscoteca-laico santuario di tutti i divertintifrici della costa marchigiana. Ed oltre. Eravamo intorno a lui, Striglio Benito da San Severino Marche. “I miei genitori avevano scelto questo nome per le mille lire del duce, raddoppiate dal fatto che ero maschio” sorrideva lui, grand maitre di tutte le feste che contavano in quei decenni di grazia a cavallo del secondo millennio.
Benito, anzi Benny per gli intimi, con il tight perfettamente indossato sembrava uscito dalle pagine di Francis Scott Fitzgerald. Sembrava proprio, il Grande Gatsby, il signor Striglio, e come lui amava stare al margine della festa. Un margine perfettamente voluto e scelto dove lui benignamente accoglieva con un fluttuazioni di Martini Brut tutti gli ospiti che per settimane, poi mesi avevano bussato alla sua porta e quello degli Ascani, patrons del Green Leaves, per il desiato invito al Galà dicembrino.
Una griffe che Benito e Giuliana soavemente apponeva ai grandi eventi spettacolari. Tutti scintillanti. Fossero i ‘dopoteatro’ a Villa Quiete del grande amico Bernardo Cherchi nella celebre stagione lirica allo Sferisterio dell’85 o l’inaugurazione del teatro Feronia della ‘sua’ Severino o le serate maceratesi a ‘La Tartaruga’ o all’Area T(ombolini) di Tolentino o nei grandi alberghi lungo la costa marchigiana e/o dovunque si aprissero locali di classe (penso a quelli dello chef cocorum, Peppe Giustozzi a Pollenza o Civitanova Marche). Senza dimenticare San Severino con i soireè a Villa Collio e in altre luoghi deputati dalle ‘Due Torri’ a palazzo Servanzi-Confidati e in sale, sopratutto a carnevale.
Vittorio Sgarbi ne aveva fatto un suo maestro di ‘cerimonie’. Benito si muoveva cautamente… ma con l’autorità e il carisma di un signore rinascimentale.
Da parte mia, caposervizio del Messaggero, l’avevo voluto titolare di una rubrica subito cult: “Tenera e’ la notte”, che riverberava la vocazione fitzgeraldiana.
Proveniva non a caso da una tradizione musicale. L’orchestra Striglio aveva movimentato le serate di festa a San Severino e (vasti) dintorni, e lui amava far musica. Naturalmente nel margine amato della sua casa settempedana.
Vicino al suo piccolo piano, disteso, esanime a terra l’ha trovato ieri mattina al rientro dalla spesa, la moglie Giuliana Giustozzi.
Oggi alle ore 15.30 dopo la benedizione nella cappellina del cimitero di San Severino, il rito della sepoltura. Una semplice cerimonia e nessun manifesto funebre. Cosi’ ha voluto Benito, 87 anni, l’entusiasmo ancora di un giovane pronto ad una nuova avventura, per sempre Signore delle Notti Luminose che aveva scelto il Margine al confine tra la Chiarità che salva (direbbe il poeta Remo Pagnanelli) e l’oscurità.
Che la terra ti sia lieve, amico mio.