La notte arriva senza avvisare. E’ la notte dei nostri sentimenti feriti e umiliati eppure così presenti. Dei pentimenti. Avremmo voluto dire, avremmo voluto fare.
Ci sono lutti che ti entrano nelle ossa, scalpitano un tempo lungo, reclamano una giustizia, un pareggio con la vita che non ci sarà mai.
Mordono feroci queste scomparse, perchè sembrano numeri da mago più che realtà: non vere, mai vere, eppure scandalosamente verissime. Fabio se n’è andato.

Ci ha lasciato un’eredità, quella dello scintillante mondo che ha creato al CaffettOne in diciotto anni di attività, un universo fatto di avventori di ogni tipo, spesso agli antipodi. Ha vinto la sua scommessa: tutti quanti hanno convissuto in queste mura maceratesi di corso Cairoli e il miracolo di Fabiuccio è stato mettere insieme il genio e la solitudine di ciascuno, fondere la realtà, ri-crearla ancora una volta, a sua immagine e somiglianza. Ricreare: rallegrare, rianimare, rasserenare distraendo, dare nuova vitalità, nuova forza, nuovo vigore.
C’è della gentilezza superiore in questo. C’è Arte. Professionalità ai massimi livelli. Bontà d’animo. Visione limpida delle cose e delle persone. Nessuno come Fabio Andreozzi ha saputo maneggiare tutto questo “vociare”. Burbero direttore d’orchestra, ha messo insieme un ensamble che senza lui, temiamo, sarà disperso al vento come cenere.
Solo Fabio poteva tenerci tutti vicini.

La recita sembra finita, ma a guardare bene c’è qualcosa che non se ne andrà mai e rimarrà sempre appiccicato – sì, anche la sua camminata, la voce, lo sguardo, tutte cose che si disperderanno immemori un giorno – ed è l’amicizia. Se si ricorda, nessuno se ne va.

Sabato (nella foto) Fabio è stato ricordato davanti al suo CaffettOne dai suoi amici di sempre.

Io vorrei ricordarlo con quest’altra foto. Io e te. Ci siamo capiti, Fabiuccio.