Marchigiani dell’Anno, il commento del prof. Crinella

Eccoli i corregionali illustri. Consegnati i Premi “Picus del Ver Sacrum” 2021 nella romana piazza della Minerva (“Il Marchigiano dell’anno”), con il patrocinio del Senato della Repubblica e della Regione Marche. Il Premio, fondato ed organizzato dal Centro Studi Marche “Giuseppe Giunchi”, compie 36 anni. Tra i vincitori Claudio Pettinari, Rettore dell’Università di Camerino; Daniele Livi, imprenditore pesarese; Giuliano Giuliani, artista ascolano; Marco Santini, musicista maceratese; ad honorem il Gen. Giovanni Nistri, già Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri.

Questo il discorso del Prof. Galliano Crinella dopo il conferimento del Premio: “Cosa dire, se non grazie al CE.S.MA. “Giuseppe Giunchi, grazie all’illustrissimo Presidente, Dr. Franco Moschini, al Presidente onorario, Prof. Giuseppe Luzi, all’Ambasciatore Prof. Giorgio Girelli, al Dr. Paolo Sabbatini, Addetto alle Relazioni internazionali dell’Italia con il Belgio, al Direttore generale Dr.ssa Pina Gentili, e, con lei, grazie al Comitato direttivo del premio.

Fa sempre piacere ricevere un Premio… Ci si chiede che cosa si è fatto per meritarlo. Allora si torna indietro nel tempo e ci si accorge di aver fatto, tra le altre cose, qualcosa di positivo. Qualcuno lo ha notato ed ha voluto riconoscerlo. Grazie per questo.

“Il Marchigiano dell’anno”, dunque un Premio riferito alle Marche, alla nostra straordinaria Regione “tra i monti e il mare” (come dice l’immortale Leopardi): “… e quinci il mar da lungi e quindi il mont””, “un’isola di poesia e di cultura nel cuore dell’Italia” (Carlo Bo); “un distillato dell’Italia” (Guido Piovene, Viaggio in Italia).

Una Regione al plurale, piccola ma grande come un continente. Perché le Marche sono diverse, cambiano di valle in valle, sono un insieme di fiumi che vanno verso il mare, ed ogni fiume dà il nome ad una valle: il Tronto, l’Aso, il Chienti, l’Esino, il Sentino, il Cesano, il Metauro, il Foglia, il Marecchia. E di valle in valle cambiano la lingua, la cultura, il carattere degli uomini, il temperamento delle donne, cambiano le forme dell’arte. Per questa diversità si chiamano al plurale, le Marche, non la Marca.

Le Marche in cui mi sono trovato a vivere e ad operare sono le Marche interne, le Marche dell’entroterra, di confine (con la Toscana e l’Umbria), le Alte Marche, si dice ora, quelle che vanno da Urbino a Fabriano passando per un centro vitalissimo di cultura quale è stato ed è Sassoferrato. 

Sono realtà con una grandissima tradizione culturale e civica: chi non conosce Urbino, “il paese dell’anima italiana” (Carlo Bo), in cui ho studiato e insegnato, la città di Raffaello e di Federico, dello storico Ateneo (1506), della Galleria nazionale delle Marche, del Palazzo Ducale. Poi Sassoferrato, l’antica Sentinum, la città del grande giurista Bartolo da Sassoferrato, il maggiore giurista italiano, conosciuto nel mondo, come pochi altri, con il solo nome (Bartolo), il giurista che ha posto i fondamenti del diritto pubblico e della civiltà giuridica europea, la città di Giovan Battista Salvi. Poi Fabriano, città di grandi industrie e di grandi pittori, che ha dato i natali a Gentile da Fabriano, il maestro del Gotico internazionale che dà il nome al nostro Premio, fondato nel 1997, con il Sen. Carlo Bo, e quest’anno alla sua XXVI edizione.

Vorrei che il Premio che mi è stato conferito fosse dedicato proprio a Sassoferrato, per tutto quello che questa piccola cittadina è riuscita a fare, grazie anche al generoso impegno di uno straordinario frate minore, Padre Stefano Troiani, già “Marchigiano dell’anno”, per la valorizzazione dell’entroterra e delle Marche. 

Lo ha fatto nel vasto campo delle attività culturali e dei beni culturali, avendo creato peraltro dei Musei di grande valore storico-artistico. Ed è questa una prova – credo sia interessante farlo notare quando da più parti si teorizza la deglobalizzazione, l’esigenza di tornare nelle periferie del paese, nei luoghi separati e rimasti lontani dal grande sviluppo – è una prova, dicevo, che talvolta i nostri piccoli centri, sono capaci di realizzare cose che non troviamo nelle realtà più grandi.

Ritengo che la salvaguardia e la valorizzazione delle origini, del patrimonio locale, anche attraverso i suoi personaggi più illustri, sia un compito importante da assolvere per le istituzioni, le associazioni, i cittadini. Un compito a cui non dovremmo sottrarci. Proprio nel nostro tempo, si è fatto più urgente il bisogno di far luce sulle nostre origini, le identità, le tradizioni, le figure e i movimenti ideali e sociali sui quali sono state costruite e si sono sviluppate le realtà dalle quali proveniamo.

“Picus del Ver Sacrum”: il titolo del Premio ci riporta a quello dell’Istituto internazionale di Studi Piceni, che ho l’onore di presiedere. L’Istituto venne fondato, nato nel lontano 1955, quasi 70 anni or sono, su iniziative dei Sindaci di Tolentino e Sassoferrato, Rodolfo Massi e Albertino Castellucci, poi parlamentari nelle file dell’allora Democrazia Cristiana. La prima sede fu Tolentino e primo presidente lo scrittore tolentinate Tullio Colsalvatico, poi venne trasferita a Sassoferrato, dove rimase a lungo e dove si trova tuttora. L’idea che li muoveva era quella di valorizzare la cultura della nostra Regione. E molto, moltissimo l’Istituto ha fatto con i Congressi internazionale di Studi Umanistici, ben 36, dal 1980 al 2016, a cui hanno partecipato i maggiori studiosi dell’umanesimo classico, italiani, europei ed extra-europei. Ora questo patrimonio di studi e ricerche è conservato nei 36 volumi degli Atti, “Studi Umanistici Piceni”, che ci sono stati richiesti dalle Biblioteche dei grandi Atenei europei, da ultimo la Bodleian Library dell’Università di Oxford.

Le nostre fortissime radici, di cui andare orgogliosi, sono fondamentalmente le radici culturali e artistiche. Ma non dimentichiamo la grande e lunga stagione della civiltà contadina, la sua concretezza, la sua forza. L’amico Sandro Trotti, arguto e intelligente, esimio artista, la ricorda con due espressioni, due proverbi molto significativi, che voglio citare qui: “La zappa scalda più della grappa”; “Lo pa è duro e lu cortellu non taja”. Forti anche di queste solide radici sapremo affrontare con tenacia, credo, le sfide del prossimo futuro.

Un plauso, infine, al CE.S.MA. per quello che ha fatto negli ultimi decenni, e per quello che sta facendo, con iniziative di alto valore culturale, per tenere viva, qualificare e valorizzare l’immagine della nostra Regione, non solo a Roma e non solo in Italia. Complimenti! Grazie ancora e ad maiora”.

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