Se tutta l’Europa piange, c’è un Paese che dalla guerra Russia-Ucraina sta guadagnando. I ricavi delle compagnie energetiche norvegesi passeranno quest’anno a 95 miliardi (erano 29 lo scorso anno, 20 sono di surplus commerciale). Così un Paese tranquillo come la Norvegia in questi giorni è richiamato a un presunto sentimento di solidarietà europeo: è giusto che i suoi profitti siano così alti?

Certo è che senza Oslo la situazione sarebbe ancora più drammatica. Equinor, la compagnia statale, rifornisce  al momento Europa e Regno Unito più della Russia (che aveva il 50% del mercato in uscita verso l’Ue).

Nonostante le critiche interne dell’opposizione, la Norvegia è partner affidabile dell’Ue. Si trova un po’ isolata per questa sua “diversità” in tempi di crisi e i rimbrotti che le fanno assomigliano a quelli che ha ricevuto in questi giorni la Germania. “Da soli non si può andare” ripetono i Paesi membri, ma intanto i tedeschi hanno confezionato un piano-sopravvivenza da 200 miliardi e i norvegesi aumentano, giorno dopo giorno, i profitti.

Ma è giusto tenersi i guadagni? c’è chi ha proposto di destinare il surplus a un fondo di solidarietà per ricostruire l’Ucraina quando terminerà la guerra. Soluzione migliore è forse concordare i prezzi: il price cap a cui ambiscono tutti avrebbe un’applicazione immediata.

E il Paese sarà ancora più leader quando entrerà in funzione il “Baltic Pipe”, il gasdotto che unisce Norvegia, Polonia e Danimarca, “una tappa importante sulla via dell’indipendenza dall’energia russa” come ha affermato la ministra dell’Energia, Terje Aasland.

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