“La nostra è sempre stata una terra di Teatri. Ma adesso ciò che serve di più è una Biblioteca Comunale di alto livello”

Intervista al musicologo e storico civitanovese Andrea Foresi, che ha recentemente presentato il suo nuovo libro “Un teatrino portato a migliori forme. Cronache del Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche Alta (1872-1935)“​

Quando cominciarono ad essere rappresentate opere teatrali a Civitanova?

Non esistono fonti certe che consentano di tracciare una storia delle rappresentazioni teatrali a Civitanova Marche prima del 1800. Tuttavia, a muovere dal 1810 fino a tutto il 1851, ingentissimo fu il cumulo di richieste ad opera di compagnie comiche e di arte varia, al punto che, il 5 settembre del 1840, pur se con qualche anno di ritardo rispetto alle procedure già consolidate in altri centri culturali più o meno importanti della Penisola, Civitanova decise di aumentare la propria scorta teatrale (che venne fissata in 150 Scudi), istituendo in conseguenza di ciò “… una Deputazione Comunale presieduta dal Gonfaloniere in unione dell’altra della Società Teatrale [che] si occupi della scelta della Compagnia a cui dovrebbe cedersi il Teatro”.

Nel corso del biennio 1846-47, ben diciassette fra capocomici ed impresari di “opere in musica” aspiravano infatti a poter agire nell’oramai logoro teatrino di legno, ma altrettanto pressante iniziava ad essere per la società civile e la Magistratura civitanovesi il desiderio di dotare finalmente la Città di una struttura teatrale del tutto svincolata dalle “condizionanti preesistenze edilizie” dell’antico Palazzo Priorale: un luogo deputato “… dove fosse [stato] possibile distendere non solo curve di sale e palcoscenici adeguati e funzionali, ma anche prevedere tutta quella serie di servizi annessi, sia per gli spettatori che per gli addetti ai lavori dello spettacolo, oramai sentiti come indispensabili sia alla piacevole fruizione di questo nuovo rito laico dell’incontrarsi a teatro, ma anche allo svolgimento di quella serie di operazioni tecniche per gli allestimenti e le esecuzioni delle rappresentazioni”.

Qui sopra e nelle successive foto: presentazione del libro di Andrea Foresi. Qui è con la dott.ssa Enrica Bruni, direttrice della Pinacoteca

Che ruolo di sviluppo ha avuto in tal senso l’Annibal Caro? Come è nato il teatro caro ai civitanovesi?

Risponderò a queste sue domande condensandole in prima battuta sulla parola caro, volutamente scritta con la “c” minuscola, immagino a scanso di equivoci con il cognome del nostro più illustre concittadino. Sul piano generale, la nostra è sempre stata una “terra di teatri”: non a caso, possiamo vantarne la più alta concentrazione d’Italia e questo a partire dal cosiddetto “boom” di edilizia teatrale iniziato in concomitanza della vera e propria “febbre verdiana”; in conseguenza dell’incredibile successo della Trilogia Rigoletto-Trovatore-Traviata, in ogni angolo del Paese si avvertì l’impellente necessità di assistere ed immergersi nel meraviglioso di quelle vicende operistiche. Spostandoci su un piano ancora più ampio, possiamo dire, con Nicola Chiaromonte, che “il Teatro è anche IDEA del Teatro”: un’affermazione limpida e semplice in apparenza, che sintetizza infatti l’eterna necessità dell’essere umano di narrare, di immedesimarsi e/o vedersi riflesso in una storia, qualunque ne sia il medium.

Che “business” ha portato alla città, sin dalle sue origini, il teatro?

Nel divertente ed accuratissimo articolo che il cronista Luigi Frenquelli pubblicò sull’edizione estiva del giornale “Il Piceno”, nell’agosto del 1872, intitolato La Sera del 20 luglio 1872 in Civitanova Marche (da me riportato integralmente all’interno del volume) si parla di “un’onda mista di paesani e forestieri [che] invade le corsie de’ palchi, la platea, i posti comuni ed i posti distinti […]” e, naturalmente questo fenomeno ebbe un impatto salutare sulla minuscola economia del paese alto anche per le successive stagioni estive, nonché sull’embrionale vocazione turistica del borgo marinaro, che di riflesso intuì i potenziali benefici economici derivanti da una regolare programmazione delle rappresentazioni teatrali. 

Perchè l’Annibal Caro è “caduto in disgrazia” per qualche (lungo) tempo?

Parlerei piuttosto di una sorta di “adattamento funzionale”, anche se questa definizione potrebbe assumere una connotazione negativa: non dimentichiamo tuttavia, che ogni forma espressiva è una sovrastruttura in grado di riflettere appieno (anche se in un ambito apparentemente distante) l’eterno corso dei rivolgimenti che avvengono a livello socioculturale; ciò è ancor più vero per l’edificio teatrale che ne accoglie e ripropone sul palcoscenico l’avvicendarsi. Basti solo considerare, nel suo piccolo, la storia del Teatro Annibal Caro che, in epoca moderna, registra l’inesorabile ed inarrestabile avanzata del fenomeno cinematografico, che fagocita e metabolizza al proprio interno tutte le peculiarità del teatro di prosa, della lirica, dell’operetta, proponendoli in una rivisitazione assolutamente nuova e gravida di potenzialità.

Cosa serve, a suo giudizio, a una città in forte sviluppo come Civitanova in ambito artistico?

Probabilmente una maggiore osservazione (dal punto di vista istituzionale) delle molteplici istanze espressive (non le chiamerei “culturali” volutamente, data l’ampiezza e l’ambiguità del termine) espresse all’interno del magmatico tessuto cittadino.

Quali strutture mancano? ​E​ sulla programmazione culturale quali sono le sue idee?

Anche in questo caso, come all’inizio della nostra intervista, preferisco sintetizzare le due domande in un’unica, data la loro strettissima correlazione. Innanzitutto, vagheggio (è proprio il caso di dirlo) una Biblioteca Comunale che riesca finalmente a liberarsi da un latente senso di provvisorietà, a cominciare dalla gestione dei suoi spazi, che dovrebbero distinguersi quantomeno per ampiezza, funzionalità, accoglienza; con un direttore ed un personale specializzati e nominati in pianta stabile per concorso pubblico.

La biblioteca è il cuore pulsante di una città e costituisce (oggi ancora di più) il punto di ritrovo e riferimento indispensabili per la formazione giovanile. Sulla lunga prospettiva (perché ritengo che quello della “formazione” di una coscienza critica e civile sia un processo molto lento e non consumabile, al contrario di come siamo abituati), questo primo punto di partenza potrebbe condizionare in senso estremamente positivo il concetto di “programmazione culturale”, nel senso di una maggiore capacità da parte dell’amministratore di turno di discriminare l’iniziativa eminentemente festivaliera (che ho sempre definito “acqua sul marmo”), dal suo esatto contrario.  ​

Qualcosa sul libro di Andrea Foresi – Riproposto in una nuova ed elegante veste grafica (curata per i tipi della Write Up Site di Roma), a distanza di ventiquattro anni dalla prima edizione, Un teatrino portato a miglior forme. Cronache del Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche Alta (1872-1935) vide la luce nel 1998, sulla spinta emotiva delle opere di restauro del teatro storico cittadino, conclusesi nell’anno precedente.

Il lavoro si articola in due Parti principali: una prima, intitolata Le storie del Teatro Annibal Caro; una seconda, dal titolo Cronache musicali del teatro Annibal Caro di Civitanova Marche (dall’estate del 1872 all’estate del 1912)

A queste fa seguito una sezione dal titolo emblematico (e di reminiscenza leopardiana, ma solo nel titolo): Parerga e Paralipomena.

Il volume è corredato da un’estesa Cronologia (che prende le mosse dall’inaugurazione del 20 luglio 1872, per spingersi fino al Carnevale del 1935), cui fa seguito un’Appendice di natura tecnica, curata dall’architetto Claudio Ridolfi, responsabile del restauro dell’Annibal Caro in epoca contemporanea. Il libro è inoltre corredato da 16 foto di materiale storico-archivistico (progetti tecnici, bozzetti, manifesti operistici e drammaturgici) e da due dell’avvenuto restauro del 1997, nonché da Indici particolari delle opere liriche, delle operette e delle opere in prosa allestite nel corso della storia del teatro.

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