A qualcuno piace una società senza Merito

Non si capisce bene perchè un’idea sia valida a seconda di chi ne parla. Se il presidente di Slow Food, Carlo Petrini, ​autore di mille eccellenti battaglie per la corretta ed equa alimentazione e a difesa dell’ambiente, sostiene che la sovranità alimentare sia “un obiettivo da perseguire” folle adoranti lo acclamano in nome della sostenibilità.

Se una candidata dei Cinque Stelle, come è stato nel caso dell’avvocato laziale Sonia Santarelli, si merita applausi perchè fa la sua campagna sulla “sovranità alimentare​” e sulla difesa “del​ Made in Italy​” si sottolinea come guardi con intelligenza al futuro. Se il nuovo Governo italiano aggiunge alla denominazione del ministero delle Politiche agricole la dicitura “e Sovranità alimentare” le reazioni sono differenti: autarchici del caiser, fascisti della minchia etc. 

Rispondere che i francesi hanno un ministero con lo stesso nome non calma i sovranisti intellettuali, quelli cioè che vogliono avere sempre ragione. Contestare che il termine “sovranità alimentare” è stato messo in campo da un’associazione internazionale di agricoltori e non da un manipolo di nostalgici del ventennio, non placa le ire. Anzi. Ce l’hanno anche con il ministero dello Sviluppo Economico, che si chiamerà “delle Imprese e del Made in Italy”: forse è proprio la parola Italy che li disturba. 

C’è di più. Sul ministero dell’Università che ha aggiunto “e del Merito”, a sottolineare un valore che dovrebbe essere fondante della collettività e condiviso da tutti, beh, si è scatenata una bagarre senza fine. Il perchè ce lo facciamo spiegare dal professor Guido Corso, titolare della cattedra di Diritto Amministrativo all’Università di Roma Tre: ” La meritocrazia non gode in Italia di buona fama. Per numerose correnti di pensiero (si fa per dire), meritocrazia equivale a diseguaglianza”. E se la teoria del “tutti uguali” è fallita, allora per qualcuno è meglio non nominare il Merito.

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