Poco potrà raccontare alle Cortes, il Parlamento spagnolo, Alberto Núñez Feijóo. La maggioranza non c’è e il discorso di investitura del leader dei Popolari sarà verosimilmente solo un attacco a chi andrà veramente a governare e cioè il premier uscente Pedro Sanchez. L’amnistia ai vertici catalani – da cui per forza dovrà passare il numero uno del PSOE per prendere in mano il Paese – è, a giudizio di Feijóo, “inaccettabile giuridicamente ed eticamente”. Ma senza ascoltare Barcellona un esecutivo non si fa.

Il PP, che è stato il primo partito nelle elezioni del 23 luglio e per questo è stato incaricato dal Re di formare un Governo, ha pagato però gli scarsi risultati dell’estrema destra di Vox. Non solo: le difficoltà di queste settimane hanno creato un solco tra la destra PP e quella dei seguaci di Abascal. Ma perchè i Popolari non ci hanno pensato prima del voto a togliersi il peso dei neo-franchisti? Misteri della politica.

E Sanchez, che nelle urne ha tenuto ma non ha strabiliato, a meno di colpi di scena salirà di nuovo al potere dopo le “comunicazioni” alle Cortes di Feijóo. La politica spagnola sembra anticipare gli scenari italiani, con la Meloni al posto del leader PP e Salvini nel ruolo dell’Abascal italiano. Il leader della Lega e quello di Vox hanno in comune l’ormai assoluto disinteresse per le realtà regionali (le autonomie, per sempio, cavallo forte del Carroccio prima che diventasse un partito “romano”) e per le conquiste sui diritti civili di questi ultimi decenni.

Invece che andare avanti vogliono andare all’indietro. Gli elettori spagnoli se ne sono accorti, condannando il PP a restare all’opposizione. Non sappiamo ancora se e come la Meloni si smarcherà da Salvini, ma la lezione di Madrid è chiara.

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