Inviato dagli dei per insegnarci a raccontare. Addio a Ettore Mo

Era sempre sul pezzo. Se in questi giorni si parla di Hamas e dell’attacco a Israele, per esempio, bisogna ricordare che fu lui uno dei pochi giornalisti occidentali a intervistare in Libano i leader del “nuovo”, allora, movimento palestinese, appena espulsi dallo Stato ebraico. Era il 1993.

Ettore Mo è morto a 91 anni portandosi dietro una conoscenza dei fatti, base del vero reporter, che non è paragonabile a nessun altro inviato. Per questo, per il suo sommo rigore, è diventato famoso, per la sua curiosità professionale senza limiti, per la sua scrittura asciutta e  senza fronzoli. Dall’Iran all’Afghanistan, dal Pakistan alla Jugoslavia, da tutti gli scenari di guerra insomma, sapeva raccontare con una perizia e dovizia di particolari senza iguali, così lontana dalle stizze e presunzioni di gran parte dei colleghi attuali.

A essere umile glielo insegnò la vita: era stato ameriere di bordo, tenore, insegnante di francese in Scandinavia. Lo scoprì per caso Piero Ottone, allora direttore del Corriere della Sera negli anni Sessanta nella swinging London, diventò in quegli anni vicecorrispondente dopo che si era presentato in casa del numero uno del Corsera con una scusa. Da lì un’ascesa senza freni sui fronti di guerra perchè in fondo il suo sogno è stato sempre viaggiare e raccontare. E lo ha fatto meglio di ogni altro.

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