“E’ sotto Dio, ma sopra il Cancelliere”. Beckenbauer, il Kaiser che cambiò il calcio

Con la stessa forza con cui tirava a rete, la stessa precisione con cui tagliava l’intero campo con i suoi lanci, la freddezza con cui calciava punizioni e rigori, Kaiser Franz ha voluto estendere il destino a ogni difensore venuto dopo di lui.

Il “libero” che era piantato immobile al centro della difesa e il centrocampista che prima doveva fermare il gioco avversario e poi rilanciare, entrambi, sono stati riuniti in un’unica figura. Si chiamava Franz Beckenbauer e si è piazzato, per la sua assoluta personalità e per la classe delle giocate, al centro della Storia del calcio, così come ha incantato al centro del prato verde.

L’uomo “un po’ sotto Dio ma sopra il Cancelliere”, così l’hanno sempre definito nella sua Germania, ha vinto poco, considerando la sua lunga carriera e le qualità: un titolo mondiale (nel 1974 con la Nazionale) in cui la Mannschaft forse più forte di tutti i tempi sconfisse le tattiche rivoluzionarie degli olandesi e due Palloni d’Oro nel 1972 e ’76, riconoscimenti che a quel tempo ai difensori non si davano.

Ha “comandato” sempre, dal campo e dalla panchina, anche le vicende del suo Bayern Monaco. Nella famosa semifinale dell’Azteca in Messico, dove Italia e Germania si contendevano l’ultimo atto dei Mondiali ’70 contro il Brasile, Kaiser Franz – era cominciato il secondo tempo – si ruppe una spalla e non c’era la possibilità di cambi. Rimase in campo fino alla fine: stoicamente, per dare una mano alla squadra, ma anche per spiegare a tutto il mondo perchè si diventa campioni. 

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