Cavalieri: “Una città di personaggi famosi. Aleramo, i Cecchetti e i Ciarrocchi, Bruscantini…”

Intervista allo storico Pier Luigi Cavalieri

Qui a ovest della stazione ferroviaria all’inizio del Novecento c’era la fabbrica di bottiglie che non c’è più: quattrocento operai, la dirigeva il padre di Sibilla Aleramo, la scrittrice famosa in tutto il mondo e cresciuta a Civitanova ma così simile a volte a un’ombra, a una impronta che il tempo ha cancellato. C’è voluto lo studio accurato di uno storico locale, Pier Luigi Cavalieri, per riportare alla luce la verità sull’autrice di “Una donna”. 

“Il mio libro è nato da un quesito che mi sono posto. Sibilla ha passato adolescenza e giovinezza nella nostra città, ma quanto era vero di quello che ha scritto riguardo alla Porto Civitanova di fine Ottocento e inizio Novecento? L’ho presa come una sfida, quella di rendere evidente quanto ci fosse di romanzesco e quanto di vero in questa storia”. 

Il libro è “Sibilla Aleramo. Gli anni di ‘Una donna’. Porto Civitanova 1888-1902”. Cosa ha scoperto? 

“Nel romanzo tutto parla di Civitanova. Sappiamo con certezza che per un periodo, dopo aver sposato Ulderico Pierangeli, ha abitato in questa casa d’angolo con il Corso, a cento metri dalla stazione, anche se non l’ha mai potuta menzionare, limitandosi a definirla “paese di mare”, per via della sua complessa situazione matrimoniale: non poteva fare riferimenti espliciti, aveva paura che il marito non le facesse più rivedere il figlio. Quando la Aleramo scrive ‘Uscivo sull’alto balcone… in fondo alla piazza il mare luceva’ non è forse la descrizione di una vista da Palazzo Sforza, dove si dice che vivesse con la famiglia appena arrivata a Civitanova, prima di sposarsi? Ma alcune testimonianze certe le ho trovate negli articoli del marito Ulderico Pierangeli che scriveva su ‘L’Ordine-Corriere delle Marche’ di Ancona: sono cronache che confermano alcuni particolari della sua vita che ho poi riportato nel mio libro”. 

Lei si è interessato anche ad alcuni personaggi che sono stati protagonisti della vita cittadina. Chi considera particolarmente rilevante? 

“Senz’altro i due Cecchetti: Enrico il famoso danzatore, nato per la verità a Roma ma di casa a Civitanova Alta dove i suoi parenti erano custodi del teatro Annibal Caro. Cecchetti insegnò a lungo l’arte della danza anche a San Pietroburgo da cui scappò dopo la rivoluzione d’Ottobre trasferendosi a Londra. L’altro Cecchetti è Adriano, un grande imprenditore che impiegò migliaia di operai nella produzione di carri ferroviari e nell’industria bellica durante le due guerre mondiali”. 

Oggi forse poco ricordato. 

“Sicuramente è poco apprezzato il fatto che non sia rimasta testimonianza delle storiche officine Cecchetti. Anche negli ultimi decenni di attività il grande stabilimento dava lavoro a cinquecento famiglie di Civitanova e aprì anche un cantiere navale per garantire l’occupazione. Chiuse nel ’93 quando, con la crisi delle Ferrovie, arrivavano sempre meno commesse dallo Stato”. 

Non c’erano solo i Cecchetti a nobilitare Civitanova. 

“Non vanno dimenticati i due Ciarrocchi: Aurelio, notevole poeta in vernacolo civitanovese che scrisse tra gli anni Venti e  Cinquanta, e il figlio Arnoldo, grande pittore ed incisore che insegnò per molti anni all’Accademia di Belle Arti di Roma e visse la sua vecchiaia qui a Civitanova. Poi, chi non ricorda Sesto Bruscantini, il basso-baritono celebre non solo in Italia, che Andrea Foresi ha narrato magistralmente in un bel libro biografico?”. 

Come vede ora la sua città? 

“Civitanova ha diverse vocazioni: commerciale, industriale e turistica, ma direi che quella commerciale sia prevalente. Se la sviluppa è in linea con la sua storia e la sua posizione geografica. Vedo con favore il recupero del Quartiere Marinaro che può essere fondamentale per incrementare il turismo estivo ma anche quello del fine settimana. E mi sembra che non sia abbastanza valorizzato il fatto che la stazione di Civitanova è così vicina al mare e al porto turistico, tanto che ci si può andare a piedi. Un particolare al riguardo: il padre di Sibilla Aleramo aprì la fabbrica di bottiglie proprio nei giorni in cui inaugurarono la stazione, il che mostra quanto sia stato importante lo scalo ferroviario nello sviluppo della città”. 

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