Intervista a Massimo Falciani, l’assessore che con il Comune, la Regione e le Associazioni ha fatto di Dovadola una eccellenza turistica
Nell’ultimo decennio i Territori hanno avuto bisogno di “allargarsi” e stringere alleanze per proporsi sul mercato del Turismo italiano e internazionale. In quale modo? Come sono cambiate le strategie?
In quel mosaico di storia, tradizione e cultura cui danno vita gli ottomila Comuni d’Italia, ce ne sono alcuni che, pur nella loro individualità, condividono tutta l’esperienza e la consapevolezza di un percorso comune e ne custodiscono gelosamente il significato.
Dalla caduta delle provincie sono nate l’Unione dei Comuni, e a mio avviso, questo collegamento tra Enti, ha sviluppato maggiormente il senso di territorialità, trovando nel turismo, il suo principale sviluppo.
Proporre sul mercato turistico zone italiche ben distinte, come già accade a livello internazionale con la Provenza, la Baviera ecc. è un significativo cambiamento di strategia dell’offerta turistica.
Ci può descrivere le peculiarità della Regione cosiddetta “Romagna toscana”?
La Romagna toscana è innanzitutto, una comunità di vita, piuttosto che una semplice entità geografica oppure un semplice patrimonio storico.
Le peculiarità della Romagna toscana consistono nel fatto che questo territorio è sempre stato amministrato nel tempo, da un unico gestore: prima i Galli (presenza influente in tutto il centro Italia), poi i Longobardi, i Bizantini (con l’esarca di Ravenna nel IX secolo circa), poi i Conti Guidi (famiglia ghibellina fedele all’Imperatore fin dai tempi di Ottone I di Sassonia), successivamente i Medici (Signori di Firenze dall’anno 1370 circa); è proprio sulla base di questa duplice appartenenza di Romagna e Toscana, che essi hanno mutato la loro specifica identità e l’hanno conservata nei secoli, a prescindere dalle variazioni politico-amministrative.
Pertanto l’urbanistica dei borghi è costruita in maggioranza in sasso, gli artisti che adornavano chiese e palazzi erano gli stessi (poiché il committente delle opere era comune a tutta la zona), dove gli abitanti di questo territorio montano, vivevano prevalentemente di agricoltura, ma essendo di difficile controllo amministrativo, non disdegnavano il contrabbando (prevalentemente della seta, del tabacco, fino ad arrivare alla metà dell’Ottocento, con la polvere da sparo).
Quali sono i “gioielli” di questa Area di grande attrattività turistica?
Prima dell’importanza strategica militare di questo territorio che divide il Tirreno dall’Adriatico, intorno all’anno 1000 l’area fu anche sede di molti romitaggi e monasteri nel fenomeno religioso che vide San Benedetto e San Francesco fondatori della comunità di seguaci fra le quali, quelle di La Verna, e l’eremo dei Camaldoli, le più importanti della zona del versante aretino.
Con ripetute concessioni pontificie ed imperiali, questa parte della Romagna forlivese fu data in feudo alle Abbazie, che allora erano al massimo del loro splendore, e ai conti rurali a titolo di vassallaggio; come già detto in età più moderna, passò a poco a poco in potere della Repubblica Fiorentina; possiamo pertanto citare l’eremo di S.Ellero a Galeata, l’eremo di Gamogna a Marradi, l’abbazia a S.Benedetto in Alpe, l’Abbazia di S.Donnino a Rocca S. Casciano ecc.
Chi sono gli attuali fruitori di questa proposta turistica, in Italia e nel mondo? Di cosa hanno generalmente bisogno?
Usando un termine tecnico, questi vengono definiti territori rigeneranti: dove la tranquillità, il ritmo lento e il verde che circonda il borgo, sono valori che il fruitore di spessore apprezza, un tipo di turista non commerciale, ma culturale: perché l’enogastronomia è formazione, la storia di questo lembo di entroterra romagnolo è cultura, il contatto con la natura stessa è cultura.
Purtroppo queste zone appenniniche non sono state valorizzate nella giusta maniera, ed inoltre, si deve creare tutta la parte commerciale con servizi ad hoc per l’avventore sopra descritto, dove anche le strutture recettive devono migliorare dal punto di vista organizzativo interno per soddisfare le esigenze di una clientela di qualità, rispetto a quella della costa adriatica che punta su un turismo di quantità.
Crede che il Turismo Sostenibile possa essere la strada per la promozione dei Territori nel presente e nel futuro?
Purtroppo in questi ultimi decenni, con la crisi dell’industria, abbiamo vissuto lo spopolamento di questi borghi che sono il cuore pulsante dell’Appennino, ma sono convinto che gli effetti della pandemia (con la ricerca da parte delle famiglie di spazi e ritmi diversi) e il Turismo sostenibile, possano generare quella economia a gestione familiare che tiene in vita un piccolo borgo.
Quale incidenza in questo possono avere i Cammini Religiosi?
Il Ministro Dario Franceschini ha proclamato il 2016 Anno dei Cammini con l’intento di valorizzare il ricco patrimonio composto dalla rete di Cammini – storici, naturalistici, culturali e religiosi – che, da nord a sud, attraversano il Paese rappresentando una fetta, magari poco conosciuta ma fondamentale nell’offerta del turismo lento italiano.
Da qui l’impegno del MiBACT di creare una rete di mobilità slow che doti il sistema Paese di una vera e propria infrastruttura intermodale di ”vie verdi”, dove nello specifico nella Romagna toscana, si intersecano 6 cammini (quello di Dante, di Assisi, la via Romea Germanica, S. Antonio, Viae Misericordiae, San Vicinio).
Una possibilità di muoversi lungo questo territorio a piedi promuovendo una nuova dimensione turistica: attenta alla personalizzazione del viaggio con un trend spirituale che, i Cammini o i luoghi attraversati, possono offrire; infatti da quanto descritto si evince, che 4 percorsi su 6 sono di carattere religioso.