Papa Benedetto XVI e le Marche, la storia di una lunga amicizia

(articolo di Maurizio Verdenelli) – E lo ricordo ancora in quel pomeriggio luminoso del 1. settembre 2007 sulla piana affollata di prelati, chierici e sopratutto giovani, a Montorso. Il ritmo bailando Giovanni-Paolo dei tempi di ‘Eurhope’ 12 anni prima, era stato adattato per lui: Benedetto. Il precursore e l’erede eppure diversi eppure uguali: Wojtyla il pontefice carismatico, Ratzinger il vice, il teologo che il primo aveva voluto a Roma da Monaco per metterlo a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Cosi’ timido, così riservato, così incrollabile. Il Centro Giovanni Paolo II è ora un po’ in declino a Montorso: se n’è parlato anche in occasione della visita di Francesco qualche anno fa. Forse si farà qualcosa: dal 2007, da Benedetto XVI e dalla presenza della Madonna Nera circonfusa di fiori bianchi e della voce di Andrea Bocelli ad intonare l’Ave Maria di Schubert, Montorso non risuona più dei canti dell’Agorà dei Giovani che Woijtyla (e poi Ratzinger) aveva chiamato a raccolra nel post estate del ’95. 

Benedetto XVI aveva ancora scelto il 4 ottobre 2012, la diletta Loreto del suo predecessore, per l’addio. Nessuno lo sapeva allora, tra noi inviati dei giornali nazionali e tra la folla dei presbiteri e dei fedeli, che si era appena a 4 mesi da quelle clamorose dimissioni, che Benedetto XVI chiamato (un po’ a sorpresa) al Soglio di Pietro, avrebbe annunciato  l’11 febbraio successivo. Anche allora un’iniziativa senza precedenti: la messa celebrata dal papa sul sagrato del Santuario nel ricordo di 50 anni prima. Che aveva segnato la Storia dei rapporti tra Stato Italiano e Vaticano: la visita di Giovanni XXIII.

L’allora card. Joseph Ratzinger in piazza San Pietro a Roma con don Giuseppe Branchesi e i parrocchiani di S.Maria in Selva (Treia).

Momenti decisivi nella vita di Benedetto XVI, il ‘professore tedesco’ con cuore marchigiano nel segno del polacco Karol ch aveva indicato al suo ‘vice’ Joseph la propria strada devozionale (totus tuus) diretta alla Vergine. E Loreto, la Santa Casa, ne fu per tutta la vita la destinazione concreta, anche in ‘fughe’ non ufficiali, al di là delle visite pontificali come notissimo agli stessi cittadini lauretani.

Ratzinger ha avuto nel cuore pure Tolentino e il culto di San Nicola. Riconosciuto e festeggiato da cardinale, nonostante abiti talari da ‘semplice prete’ al termine delle preghiere in Basilica.

Nel ’91 poi una foto cara ai fedeli di S.Maria in Selva: il card. Ratzinger, umile capo nero in capo, insieme con loro, richiamato dal parroco don Giuseppe Branchesi che l’aveva riconosciuto mentre attraversava al solito ‘in incognito’ piazza San Pietro.

Il nome del papa emerito deceduto il giorno di San Silvestro resterà in ogni caso scolpito nella pietra a Macerata: la stessa voluta sul frontale della chiesa di San Filippo Neri (la prima edificata nella storia) dal vescovo Claudio Giuliodori – c’è pure il sui nome – al termine dei restauri post sisma 1997. 

E mi ricordo ancora la sera in cui don Gianluca Merlini indicò la  sovrastante lapide del ‘Filippo Neri’ a mons. Georg Ganswein la sera prima della visita pastorale da arcivescovo ad Urbisaglia. Una nomina ‘marchigiana’ che aveva voluto Benedetto XVI per il proprio segretario Georg – allora pure di papa Francesco – lo stesso Benedetto XVI.

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