Addio Rocky, cittadino del mondo

(articolo di Maurizio Verdenelli) – All’inizio fu un errore tipografico a dividerci e poi unirci. Mi telefonò al solito infuriato/entusiasta: “Mi chiamo Nazareno con una erre sola, Nazareno Rocchetti”. Me ne sono ricordato quando prima di questa maledetta volta, ora, l’ho citato in relazione alla morte di un suo grande, leggendario amico: Nino Benvenuti. Tutti i grandi dello sport italiano erano prima di tutto suoi grandi amici. Nino, Mennea, Gelindo e tanti altri ancora. Di Benvenuti conservava religiosamente, reliquia laica, il manicotto intriso del sangue versato dal grande pugile sul ring del Madison Square Garden di New York nel primo, selvaggio match che il 19 aprile 1967 tenne in piedi tutta l’Italia e consegnò a Benvenuti il titolo mondiale dei Medi strappato ad Emil Griffith.

Glielo fece vedere, col manicotto (ero presente) Nazareno a Nino un giorno a Fermo allorchè il campione e maestro di karate Remo Grassetti organizzò un incontro cui era presente tra gli altri un altro grande campione della boxe, Rocky Mattioli. E Rocky era un po’ il nome d’arte di Rocchetti dalla stretta di mano da… urlo. 

Rocchetti e Verdenelli (al centro) con Nino Benvenuti ed un giovane pugile prof. marchigiano, Alessandro Riga (2008)

Nazareno lo conobbi di persona nella ‘sua’ Cingoli dove ogni inizio estate il collega carissimo Gianfilippo Centanni organizzava un premio per lo sportivo dell’anno insieme con un popolare albergatore cittadino. Con lui c’era un giovane veneto. Me lo presentò: era Gelindo Bordin. Sarebbe diventato olimpionico della maratona ed anch’egli leggenda sportiva. Gelindo era particolarmente legato a Rocky. Ospite spesso nella sua villa immersa nella campagna. Cosi un giorno si presentò in comune a Cingoli proponendo di tradurre in inglese in onore a Rocky la località. Bordin, il campione, fu naturalmente festeggiato, la pratica doverosamente avviata e… respinta. 

Nazareno Rocchetti con Sante Rossetti


Quando parlava di Mennea, dei suoi prodigiosi sforzi per superare financo se stesso inseguendo nuovi impensabili record, Nazareno si commuoveva. “Il dolore fisico era così forte che aveva bisogno di fisioterapia e massaggi anche nel cuore della notte ed io dormivo con lui. Anche a Città del Messico quando diventò il detentore di un primato extragalattico sui 200 che per anni ed anni avrebbe resistito”.

Per Rocky dopo lo sport e la determinante assistenza ad Ulderico Lambertucci nel raid Treia/Macerata – Pechino nel nome di p. Matteo Ricci  ci furono altre grandi avventure. Le sue grandi, fortissime mani furono quelle di un artista proteiforme: scultore (il Cristo dal Balcone delle Marche), e pittore (tanti quadri suoi in tante gallerie). L’ultima volta?

Allo stadio maceratese quando una sera si festeggiò la Maceratese in serie C. Arrivò recando con se’ un grande olio: al centro i colori del fuoco, il suo elemento preferito, inestinguibile. Fino ad oggi. Addio, Rocky. (foto di copertina: Auditorium S.Martino (Fermo) – Nazzareno Rocchetti, Nino Benvenuti, Remo Grassetti)

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